Il villaggio minerario di Niccioleta

All’apparenza, il villaggio minerario di Niccioleta si presenta come un semplice agglomerato urbano nel cuore delle Colline Metallifere in Toscana. Da alcuni anni la sua storia ha catturato l’attenzione di studiosi e ricercatori, che hanno messo in evidenza una realtà unica nel suo genere, al di là del tragico episodio dell’eccidio di 83 minatori del giugno 1944. Infatti, il villaggio, fondato negli anni Trenta dalla Società Montecatini, è uno dei migliori esempi di insediamenti minerari presenti sul territorio nazionale. Grazie alla realizzazione di un itinerario composto da tredici pannelli, i visitatori possono scoprirne la  suggestiva storia camminando per le vie del villaggio.

I progetti realizzati

È a partire dalla pubblicazione di “Niccioleta: fotografie e memoria di una comunità mineraria”, curato da Riccardo Zipoli, che l’interesse verso la realtà sociale del villaggio è cresciuto. Sono state organizzate varie iniziative che hanno portato molte persone a conoscere Niccioleta, tra cui un primo trekking urbano, organizzato dai Musei di Massa Marittima ad aprile 2023. La crescente attenzione verso il villaggio minerario ha poi portato alla progettazione del percorso urbano, inaugurato il 3 dicembre 2023 e finanziato dal Comune di Massa Marittima e dal Parco delle Colline Metallifere, grazie al contributo della Regione Toscana, della Massa Marittima Multiservizi e da donazioni volontarie dei cittadini. Il progetto ha ricevuto anche il patrocinio dall’Istituto Storico Grossetano della Resistenza e dell’Età Contemporanea (ISGREC) e dell’ANPI Comitato Provinciale “Norma Parenti” e dell’ANPI di Massa Marittima “Martiri della Niccioleta”. Ciò ha permesso a Niccioleta di entrare a far parte della Rete dei Paesaggi della Memoria ad agosto 2023, ottenendo una rilevanza a livello nazionale.

Il percorso

Il visitatore che arriva a Niccioleta, parcheggiando davanti all’Ex-Dopolavoro (oggi Bar Insieme), incontra il primo pannello introduttivo che narra le principali vicende di una storia lunga quasi un secolo, dalla fondazione del villaggio negli anni Trenta fino alla chiusura degli impianti minerari nel 1992. A fianco del pannello trova anche la mappa con tutto il percorso e il Qrcode per scaricare l’audioguida. Seguendo il percorso si incontrano gli spazi rappresentativi di una geometria urbana che segue i canoni delle cittadine di fondazione del periodo fascista e dei villaggi operai di fine Ottocento-inizio Novecento. Nella parte alta del paese si trovano i pannelli relativi alla villa del direttore e alle eleganti villette per gli impiegati e i dirigenti (oggi abitazioni private); nella parte bassa si trovano le case popolari per gli operai; in una zona intermedia si scorgono i tre blocchi di case destinate un tempo ai cosiddetti “sorveglianti”. Inoltre, è
indicata la zona dove al momento della fondazione furono costruiti i “camerotti”, edifici a un piano utilizzati dalle manovalanze impiegate nella costruzione del villaggio e destinati agli operai scapoli e a quelli che attendevano l’arrivo delle proprie famiglie. Si trovano, poi, gli edifici dell’Ex-Dopolavoro, della Dispensa e della Chiesa di Santa Barbara, esempi dello stile razionalista del periodo fascista. Grazie al percorso guidato, risalta agli occhi del visitatore una struttura architettonica che è rimasta quasi intatta e che grazie all’audioguida può essere maggiormente apprezzata.
Le tappe successive si concentrano sulle attività presenti un tempo a Niccioleta,
immergendoci nella quotidianità di un villaggio che contava circa 1500 abitanti negli anni
Cinquanta. Ad esempio, il percorso ci fa conoscere gli spazi che erano adibiti un tempo a macelleria, tabaccheria, edicola, e le sedi dei principali partiti politici, la scuola elementare, l’asilo, il cinema.
I testi nei pannelli si soffermano anche sugli eventi del Novecento che hanno segnato la storia di Niccioleta: la tragedia della Seconda guerra mondiale, la crescita economica degli anni Cinquanta e Sessanta, la deindustrializzazione degli anni Novanta. Di fondamentale importanza è lo spazio della corte adiacente alla Dispensa dove è avvenuto il primo tragico episodio dell’eccidio nazifascista, compiuto tra il 13 e il 14 giugno 1944, a cui è dedicato un pannello che ne racconta le vicende. Sei uomini furono fucilati all’interno del villaggio, esattamente in quel punto, mentre altri settantasette vennero trasferiti a Castelnuovo Val di Cecina, dove furono trucidati la sera del 14 giugno. Il percorso intende trasmettere una memoria che tocca tutti coloro che vivono nelle Colline Metallifere, ma non solo: tante sono infatti le persone interessate oggi a conoscere un
luogo che fino ad ora era stato poco battuto dai percorsi turistici.

Modalità di visita e accessibilità

Le tappe dell’itinerario urbano sono arricchite da un’audioguida gratuita, facilmente accessibile in lingua italiana e inglese. Scansionando il QR-CODE sottostante e presente su ciascun pannello, si è reindirizzati al sito Izi.Travel, in cui è possibile ascoltare il percorso guidato.
Inoltre, si possono ammirare le foto d’epoca negli spazi più rappresentativi del villaggio e una mappa che indica il percorso. Il visitatore vive così una vera e propria immersione nel passato, scoprendo le tracce che la storia mineraria del villaggio ha lasciato.

La storia

La storia di Niccioleta è indissolubilmente legata ai due principali protagonisti della storia mineraria del territorio, ovvero la pirite e la Società Montecatini. La Montecatini era già presente in Maremma dal 1899, quando venne acquistato il giacimento cuprifero di Fenice Capanne. Tuttavia, la vera fortuna della Società fu lo sfruttamento dei giacimenti di pirite, con cui era possibile produrre acido solforico, una delle materie prime fondamentali dell’industria chimica, ancora inesistente in Italia. Nel 1930, con l’entrata in funzione della miniera di Niccioleta, la Montecatini riuscì ad assicurarsi il monopolio delle piriti italiane:
ben il 90% della pirite annualmente estratta nel Paese proveniva infatti dalle miniere maremmane. Tra la fine del secolo e l’inizio della Prima guerra mondiale il lavoro in miniera passò da essere un’occupazione stagionale (integrata da attività agricole e pastorali) ad occupazione stabile. Questa nuova realtà lavorativa accrebbe l’insediamento di manodopera nei villaggi sorti intorno alle miniere. Nacquero così centri per alloggiare minatori e impiegati, nuovi impianti di trattamento in prossimità dei pozzi, cave per estrarvi materiali di ripiena. È in questo contesto che viene costruito il villaggio minerario di Niccioleta. Tra gli inizi degli anni Trenta e il 1940 la Società Montecatini costruì i primi edifici destinati ad accogliere il personale, assieme alle famiglie, assegnato alla miniera e
proveniente da varie parti d’Italia. Il villaggio si presenta come un insediamento privato, definito “villaggio minerario”, adiacente alla miniera. Niccioleta ha caratteristiche riconducibili sia ai villaggi operai di fine Ottocento-inizio Novecento sia alle cittadine di fondazione realizzate in epoca fascista. Gli
impianti di produzione, adiacenti al villaggio, garantiscono uno stipendio continuativo agli operai. L’impianto urbanistico riproduce fedelmente i concetti di ordine e gerarchia, emblemi dell’epoca fascista. Sulla parte alta del colle furono costruite la villa del direttore e le eleganti villette per gli impiegati e i dirigenti; nella parte bassa trovarono luogo i blocchi di case popolari per gli operai; in una zona “intermedia” furono edificate le case dei cosiddetti sorveglianti; non distanti vi erano i “camerotti”, edifici a un piano utilizzati dalle manovalanze impiegate nella costruzione del villaggio e destinati agli operai scapoli e a
quelli che attendevano l’arrivo delle proprie famiglie. In questa realtà, la distinzione tra luogo di lavoro e quello di residenza veniva superata, garantendo alla Società Montecatini il controllo su una sorta di socialità guidata. Evidente è la conformità di quel modello con l’ideologia fascista in tema di assistenza e di intervento sociale in genere. L’autosufficienza pensata per il villaggio minerario doveva servire a salvaguardare la comunità da qualsiasi influenza politica proveniente dall’esterno.

Erano frequenti, infatti, gli arrivi delle nuove famiglie dall’Amiata e dal Nord Italia, che andavano a stabilirsi nelle case man mano che venivano costruite.
Gli effetti dell’entrata in guerra dell’Italia nel giugno 1940 andarono a sconvolgere gli equilibri del villaggio. La storia di Niccioleta è poi segnata dall’eccidio nazifascista del giugno 1944, uno dei primi massacri di popolazione civile compiuti in Toscana dalle truppe tedesche.
All’alba del 13 giugno il villaggio fu circondato da reparti di polizia tedesca, formati da soldati italiani, ufficiali e sottufficiali prevalentemente tedeschi. Furono rastrellati 150 uomini, concentrandoli davanti all’edificio del Dopolavoro. Qui furono fucilati sei uomini, trovati in possesso di armi e altri oggetti compromettenti (un fazzoletto rosso, un lasciapassare partigiano) e, dopo averne liberati alcuni, i più anziani, trasferirono in serata gli altri nella vicina Castelnuovo di Val di Cecina (Pisa), da dove i tedeschi erano partiti la mattina presto. Qui altri 77 troveranno la morte il giorno successivo. Un secondo gruppo,
di 21 giovani in età di leva, fu trasportato a Firenze e da lì deportato in Germania (ma quattro persone riuscirono a fuggire nel tragitto fino alla città toscana); un terzo contingente di uomini, di circa cinquanta persone (i più anziani), fu liberato e fece ritorno al villaggio. La strage ha segnato per sempre la storia del villaggio e le vite dei suoi abitanti, che nei mesi successivi alla tragedia sopravvivevano con fatica. La Montecatini cercò in quella fase di collaborare con i propri minatori, rivalutando i salari, accordando le indennità di sottosuolo, di temperatura, di stillicidio, di mensa e la fornitura di indumenti per lavori disagiati. Si assistette all’arrivo di nuove famiglie di lavoratori, fino ad arrivare alla metà degli anni Cinquanta a circa 1.500 abitanti. In questi anni di sviluppo demografico ed
economico del villaggio, non mancarono le rivendicazioni sindacali portate avanti dai lavoratori della miniera. Già nel 1951 si assistette ad una grande agitazione operaia, la cosiddetta “lotta dei cinque mesi”. Nonostante il rifiuto della Montecatini di venire incontro alle richieste dei minatori, il sindacato non perse la capacità di mobilitare i minatori. Nel villaggio la percentuale degli scioperanti arrivò addirittura al cento per cento.
Negli anni Settanta, al massimo dell’operatività, la miniera di Niccioleta produceva una media di 1.500 tonnellate di pirite al giorno. Nel 1967 le attività minerarie passarono dalla Montecatini alla Montedison e, nel 1972, alla Solmine che, dal 1973, entrò nell’ente statale EGAM e nel 1978 nel Gruppo ENI. Nel 1987, la proprietà passò alla Nuova Solmine. Nel 1976, il villaggio, che fino ad allora era stato di proprietà privata della Società Montecatini, poi della Montedison e, infine, della Solmine, diventò, dal punto di vista amministrativo, una frazione del Comune di Massa Marittima. In seguito a ciò, gli abitanti di Niccioleta persero alcuni benefici legati alla gestione della Montecatini (per esempio l’erogazione gratuita dell’acqua, dell’energia elettrica, ecc…); fu questo uno dei motivi che indebolì la capacità attrattiva di Niccioleta nei confronti di nuovi abitanti e che addirittura indusse molti residenti ad abbandonare il villaggio. Nel gennaio 1992 la Nuova Solmine avviò la chiusura degli impianti produttivi di Niccioleta, cercando di fare accordi separati sia con i sindacati sia con i singoli minatori rimasti. I minatori rimasti furono invitati a trasferirsi a Scarlino Scalo e alla miniera di Campiano, ricevendo incentivi e promozioni. Nel marzo 1992, la Nuova Solmine dichiarò, in una riunione tenutasi a Roma tra il Governo, i sindacati e l’azienda, di voler chiudere immediatamente gli impianti di Niccioleta. L’azienda annunciò la cassa integrazione a zero ore per i dipendenti di Niccioleta e vennero indetti scioperi e manifestazioni. Le proteste proseguirono, ma a ottobre 1992 era ormai definitivo l’abbandono del polo minerario di Niccioleta. A diversi dipendenti fu concesso il prepensionamento e altri furono traferiti a Campiano (che chiuse poco dopo, nel 1994).

Il 12 ottobre 1992 cessò ogni attività produttiva della miniera di Niccioleta. Con la chiusura definitiva della miniera, una storia lunga quasi un secolo terminava.
Nonostante il progressivo spopolamento del villaggio, la comunità di Niccioleta è una realtà viva che intende raccontarsi. Essa ha visto negli anni una crescente attenzione da parte di studiosi, sia per quanto riguarda l’analisi sociale, come nel caso di Zipoli, sia per i fatti riguardanti l’eccidio e il lavoro minerario. Inoltre, fin dagli anni Novanta il Comune ha avviato il progetto di realizzazione di un Centro di Documentazione dove ordinare i materiali documentari dell’attività mineraria nell’edificio adibito a magazzino e infermeria nei pressi della miniera di Niccioleta. La realizzazione è stata poi possibile grazie ai finanziamenti concessi dal Ministero, dalla Regione Toscana, dalla Comunità Europea e, naturalmente, grazie a risorse dello stesso Comune di Massa Marittima. Un ulteriore
impulso è stato dato dalla nascita nel 2002 del Parco Tecnologico e Archeologico delle Colline Metallifere e il progetto è stato inserito nel Masterplan del Parco, curato da Massimo Preite e pubblicato nel 2009. Il Parco stesso ha poi stanziato dei fondi per collaborare all’ultimazione dei lavori che, sotto la direzione dell’architetto Sabrina Martinozzi dell’Ufficio tecnico del Comune, sono terminati all’inizio del 2012.

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